Le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale cosciente
Pochi personaggi storici meritano l'appellativo di “barbaro” più di Attila l'Unno. Il sovrano dell'Impero unno fu anche etichettato dai Romani come Flagellum Dei, o “flagello di Dio”, per la sua brutalità e il suo allarmante successo nel saccheggio delle città romane. Eppure Attila era un uomo colto, probabilmente esperto di greco e latino, e modesto nel vestire. Ma la sua propensione alla violenza è leggendaria: la sua intolleranza verso i nemici sul campo di battaglia ha portato la storia a descrivere Attila come uno dei più grandi sovrani barbari. Chi era dunque questo sovrano degli Unni e perché la sua eredità è così spregevole?
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Atilla, comunemente chiamato Attila l'Unno, era il capo del popolo nomade dell'Asia centrale noto come Unni. Fu anche sovrano dell'Impero unno dal 434 al 453 d.C..
Nato a nord del Danubio all'inizio del V secolo, Atilla, insieme al fratello Bleda, aveva ereditato l'impero unno dagli zii Octar e Ruga.
Guerriero spietato, Octar era il re dell'ala occidentale degli Unni, che espanse l'impero in Germania. L'altrettanto temibile Ruga era il sovrano orientale che guerreggiava contro l'Impero Romano d'Oriente.
La morte di Octar e Ruga nel 434 lasciò ai loro nipoti il controllo delle tribù unne unite. Ormai Atilla e Bleda avevano imparato a tirare con l'arco, a combattere con la spada, a usare il lazo e a cavalcare e curare i cavalli.
Il loro impero si estendeva dalla regione del Reno fino ai confini dell'Iran sassanide nel Caucaso. Attila e Bleda erano entrambi intelligenti e ben preparati nelle tattiche militari e diplomatiche. Ma Attila era incline a scoppi d'ira imprevedibili e violenti.
All'inizio del loro dominio, Attila e Bleda si allearono con il generale romano d'Occidente Flavio Aezio. Dal 436 al 437, il trio distrusse il regno burgundo (l'odierna Polonia).
Nel frattempo, i fratelli avevano negoziato un vantaggioso trattato di pace con l'Impero Romano d'Oriente, concluso nel 435 presso la città romana di Margus (l'attuale Požarevac, in Serbia).
I termini del trattato prevedevano il ritorno di alcuni rinnegati unni che si erano rifugiati nell'Impero romano d'Oriente e l'accordo di pagare ad Attila e Bleda 317 kg d'oro all'anno.
I Romani mantennero la loro parte dell'accordo e gli Unni rimasero fuori dalla vista dei Romani per gli anni successivi. Ma la pace non sarebbe durata a lungo.
Nel 441, con il pretesto che i Romani non avevano restituito alcuni fuggitivi unni e non avevano pagato le somme previste dal trattato, gli Unni lanciarono un pesante assalto alla frontiera danubiana dell'Impero d'Oriente.
Gli Unni si spinsero a sud fino a Costantinopoli, saccheggiando diverse grandi città lungo il percorso. L'imperatore romano Teodosio I, incapace di opporre un'efficace resistenza armata, ammise la sconfitta e fu costretto a stipulare un nuovo trattato. Gli Unni avrebbero ricevuto un totale di 3.674 kg d'oro e i fuggitivi mancanti. Si instaurò nuovamente una fragile pace.
Nel 445, Attila divenne l'unico sovrano dell'Impero unno dopo la morte di Bleda. Alcuni storici ritengono che Attila abbia fatto assassinare il fratello. Due anni dopo, nel 447, Attila l'Unno lanciò la sua guerra più cruenta contro l'Impero Romano d'Oriente.
Con una ferocia che spinse i Romani a definire il nemico “barbaro”, gli Unni decimarono gli eserciti nemici presso il fiume Utus e poi a Chersonesus. Le forze di Attila saccheggiarono più di 70 città nei Balcani e penetrarono in profondità in Grecia; furono fermate solo alle Termopili, dove Attila trovò la sua avanzata bloccata da difensori non identificati.
Fu stipulato un terzo trattato di pace, con ancora più oro nelle casse degli Unni e con l'avvertimento da parte di Attila di dure sanzioni per i Romani in caso di mancato pagamento di quanto già dovuto.
L'Impero unno era ormai all'apice della sua potenza e della sua estensione, con Attila che dominava la Scizia, la Germania e la Scandinavia. Ma Attila non era ancora soddisfatto e la grande campagna successiva del megalomane fu l'invasione della Gallia nel 451.
Attila si sottrasse opportunamente ai suoi rapporti cordiali con l'Impero romano d'Occidente e alla sua amicizia con il generale Aezio dopo che la principessa Onoria, sorella dell'imperatore romano d'Occidente Valentiniano III, si rivolse ad Attila per chiedere aiuto.
Justa Grata Honoria voleva disperatamente sfuggire al matrimonio combinato con un aristocratico che il fratello le stava imponendo. Pregò Attila di intervenire, inviandogli un messaggio e un anello, che il re guerriero interpretò come un fidanzamento.
Pieno di spavalderia e di falsa modestia, Attila reclamò prontamente Onoria come moglie (ne aveva già diverse) e chiese in dote metà dell'Impero d'Occidente.
L'imperatore Valentiniano III rifiutò e, dopo che Attila era già entrato in Gallia, Aezio raggiunse un accordo con il re visigoto Teodorico I per unire le forze nella resistenza agli Unni.
Nel giugno del 451, le forze contrapposte si scontrarono nella famosa Battaglia delle Pianure Catalauniche, nei pressi dell'odierna Champagne-Ardenne, nella Francia nord-orientale. Dopo un feroce combattimento, in cui il re visigoto fu ucciso e la maggior parte dell'esercito romano occidentale fu distrutta, Attila si ritirò e poco dopo si ritirò dalla Gallia. Questa fu la sua prima e unica sconfitta sul campo di battaglia.
Attila ebbe un ultimo sussulto in Gallia quando mise gli occhi su Parigi. Secondo una preziosa leggenda, la città fu risparmiata dall'invasione dopo che Genevieve, una delle due sante patrone di Parigi, pregò e salvò la città dalla distruzione da parte degli Unni.
Senza mai indugiare sul fallimento, Attila rivolse la sua attenzione all'Italia e nel 452 attaccò diverse città, tra cui Aquileia, Patavium (Padova), Verona, Brixia (Brescia), Bergomum (Bergamo) e Mediolanum (Milano).
Attila era pronto a dirigersi più a sud, verso Roma, ma a questo punto le malattie e la fame avevano preso piede nell'accampamento di Attila, ostacolando i suoi sforzi bellici.
All'intervento di Papa Leone I nel 452 si attribuisce anche il merito di aver fermato Attila l'Unno sulle sue tracce omicide.
Il pontefice incontrò Attila al Mincio, nei pressi di Mantova, e ottenne da lui la promessa di ritirarsi dall'Italia e di negoziare la pace con l'imperatore.
Le suppliche del Papa funzionarono, e gli Unni voltarono le spalle alla città eterna in ritirata.
Sebbene a Papa Leone I vada il merito di aver convinto gli Unni a fermare la loro campagna, il fatto è che avanzare su Roma avrebbe richiesto rifornimenti che non erano disponibili in Italia, con la maggior parte dei raccolti devastati dalla carestia del 451 e che si stavano appena riprendendo. Per Attila era più vantaggioso concludere la pace e ritirarsi in patria. Beh, quasi.
Nel 453, invece, una rinnovata sete di sangue spinse Attila a pianificare un attacco all'Impero d'Oriente.
Ancora una volta le ragioni addotte riguardavano il presunto mancato pagamento dei sussidi, questa volta apparentemente trattenuti dal nuovo imperatore, Marciano, che si era rifiutato di pagare l'importo concordato dal suo predecessore, Teodosio II.
Ma prima che potesse affilare la lama e indossare l'armatura, Attila l'Unno morì nel sonno, apparentemente per un'emorragia cerebrale provocata da un pesante banchetto e dal consumo di alcolici durante la prima notte di nozze con la nuova sposa Ildico. Gli succedettero i figli, che si divisero l'impero e fecero pace con i Romani.
Fonti: (History) (Britannica) (BBC) (Encyclopedia.com) (Livius.org)
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